sabato 28 gennaio 2012

La critica di René Girard a Friedrich Nietzsche


Oggetto del mio lavoro di tesi è l’interpretazione critica della vita e della filosofia di Friedrich Nietzsche elaborata dall’antropologo francese René Girard. Tale critica si articola nel contesto antropologico-mimetico del pensiero di Girard che espongo a partire dall’ermeneutica relativa all’istituzione di riti sacrificali, cui corrisponde, secondo l’antropologo, la genesi reale delle comunità umane. Girard interpreta il sacrificio come un’istituzione umana finalizzata alla limitazione della violenza reciproca. Secondo Girard, la violenza generalizzata e indifferenziata costituisce gli stadi primitivi dell’evoluzione dell’uomo. All’apice della sua intensità, essa converge casualmente su un capro espiatorio che, ucciso collettivamente, placa la violenza indifferenziata. Differire, per Girard, significa innanzitutto distinguersi dalla reciprocità mimetica dei doppi violenti, ovvero dalla possibilità equivalente e simmetrica di commettere e subire violenza; la differenza stabilita dalla vittima espiatoria coincide con uno stato di violenza differenziata che, attraverso l’elaborazione rituale e mitica del sacro, è capace di generare forme di vita comunitarie. Girard individua la causa della violenza indifferenziata nella mimesi d’appropriazione. L’imitazione dei gesti d’appropriazione genera, secondo Girard, rivalità violente per il possesso degli oggetti su cui converge, e determina dinamiche di violenza reciproca.
La mimesi dei gesti d’appropriazione nel mondo moderno e contemporaneo assume la forma del desiderio mimetico: una relazione triangolare tra due soggetti che si contendono uno stesso oggetto, il cui valore, la cui desiderabilità, si definisce in relazione al desiderio di possesso dell’altro. Secondo Girard, Nietzsche vive mediazioni mimetiche così intense che lo portano ad evocare Dioniso, dio della violenza, per stabilizzare il rapporto mimetico a suo favore. Nietzsche, dunque, secondo Girard, sarebbe una vittima della violenza conseguente alla degenerazione mimetica del desiderio, e interpreterebbe tale violenza, come volontà di potenza.
L’elemento su cui, a mio modo di vedere, Girard e Nietzsche si confrontano, a partire da premesse e conclusioni differenti, è la conversione del negativo in positivo tramite l’affermazione dell’elemento differenziale.
Per Girard, la vittima espiatoria converte l’indifferenziazione violenta in un ordine differenziato, che, tramite la mediazione del sacrificio e del sistema rituale, conferisce alla violenza di tipo dionisiaco una valenza rigenerativa, capace di creare valori, per utilizzare un’espressione di Nietzsche, ovvero, secondo Girard, sistemi di differenze. Per Girard, la conversione operata dalla vittima espiatoria, anche se feconda di vita, corrisponde comunque ad una realtà di violenza.
Per Nietzsche invece,  la conversione della negazione come qualità della volontà di potenza in affermazione, tramite la pratica dell’eterno ritorno (affermare il tutto nell’istante come se dovesse ripetersi infinite volte) consente l’accesso alla realtà più autentica e genuina dell’essere, quella dionisiaca.
La negazione, per Nietzsche, secondo Deleuze, assume senso, solo ed esclusivamente in funzione dell’affermazione, in funzione della sua trasmutazione.
Per Girard, invece, la dimensione negativa della violenza dionisiaca, è sempre e comunque finalizzata a se stessa. 
Creare valori nuovi e autenticamente fecondi di vita significa affermare una struttura differenziale, che, comunque, secondo Girard, si articola in una dimensione di dominio: le forze quantitativamente superiori comandano, quelle inferiori obbediscono. Girard interpreta la volontà di potenza nella prospettiva mimetica-antropologica dell’ermeneutica sacrificale, le attribuisce il dominio come scopo e il negativo come conseguenza. Finisce così per negare autenticità al carattere più teoretico della volontà di potenza, cui Nietzsche, secondo Deleuze, conferisce un senso genealogico, differenziale e genetico, affermativo e generativo. 
Secondo Girard, dunque, la volontà di potenza, corrisponde a Dioniso, dio della violenza.
Per Nietzsche, invece, Dioniso è il dio dell’affermazione molteplice; il dio che afferma l’innocenza, in divenire, del corso circolare della forza.
Dioniso rappresenta il ciclo eterno della distruzione e della generazione, il divenire delle forze che interpreta il corso della realtà. Dioniso dunque, secondo una prima analisi, non sarebbe da intendere in termini di esclusiva violenza, come crede Girard, ma anche nel senso generativo e continuamente creativo dell’eterno ritorno, del ciclo, in divenire, della forza. 
Interpretare correttamente la critica di Girard, significa, a mio modo di vedere, collegare la natura della volontà di potenza di Nietzsche, al fenomeno della violenza come origine del sacro e del sacro come origine dell’uomo. Nietzsche è coinvolto, secondo Girard, nel processo di genesi del sacro primitivo; intuisce l’inversione ermeneutica operata dalla religione giudaico-cristiana rispetto alle religioni sacrificali, la preoccupazione in favore delle vittime, ma la rifiuta. Ritiene infatti legittima, l’ermeneutica di tipo sacrificale che considera innocenti i persecutori e colpevoli le vittime.
La struttura differenziale che consegue al processo di sacralizzazione, viene interpretata da Nietzsche, secondo la mia analisi della critica di Girard, come gerarchia naturale della forza, tramite l’affermazione della differenza di quantità di potenza. Nietzsche intuisce che l’affermazione differenziale consente alla violenza di rimanere quantitativamente discreta, differenziata, dunque capace di creare la vita, oltre che di distruggerla. Nietzsche interpreta la struttura dei sistemi sacrificali come corso circolare della forza e la elabora nel sistema metafisico della volontà di potenza. La violenza, secondo la critica di Girard, si manifesta infatti come un passaggio continuo dall’indifferenziazione alla differenziazione, ovvero dalla distruzione alla generazione.
Girard, a differenza di Nietzsche, propone un’alternativa al movimento circolare, in sé necessario, della forza; la rivelazione dell’origine umana della violenza ad opera dei Vangeli, testimonia la falsità dei sistemi sacrificali fondati sulla trascendenza della violenza e corrisponde alla cognizione di causa che la società europea, in quanto cristiana, possiede riguardo la problematica contemporanea della violenza.







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